Il senso di Polidoro per la neve (e il passato)

 

 

“Tutti ricordano che quella sera l’Italia vinse i mondiali di calcio in Spagna, la festa per le strade, i bagni nelle fontane, la gioia di Pertini… Quasi nessuno invece rammenta che quella stessa sera una ragazzina di tredici anni scomparve nel nulla e di lei non si seppe più niente.”

 

 

È da molto che non scrivo una recensione su un libro, ma non è cosa comune trovarsi così, nel bianco, umorale, claustrofobico mondo isolato e crudele di un thriller… non se è italiano. La nostra letteratura spazia, ma a volte arranca e si fossilizza; ed è quindi con occhio curioso e mente aperta che inizia il mio viaggio come lettore scelto assieme ad una squadra di altri novantanove, per leggere in anteprima il primo thriller di Massimo Polidoro, “Il passato è una bestia feroce”. Anche se, per via del mio annale interessamento al CICAP e alla sua attività (soprattutto del front man Polidoro), posso dire che è anche con una punta di orgoglio che mi ritrovo in questa posizione importante, ma anche difficile.

 

Verazzano, un comune come tanti altri, con i suoi piccoli segreti, la sua essenza ermetica, il suo esistere su un piano convenzionale eppure irraggiungibile e distante allo stesso tempo. È il 1982, un anno quasi libero da rimpianti e forse colmo di voglia di rivincita, quando gli italiani avevano ancora poca voglia di guardare altrove per i propri errori e si consideravano già viventi in un’epoca difficile. È in quest’anno che l’Italia trionfa ai mondiali, restituendo un’idea di un popolo ancora capace di essere orgoglioso. Sono gli anni ormai inverosimili e lontani di Pertini, Bearzot, Berlinguer, uomini capaci ancora di guidare e ispirare. Ma sono anche gli anni di piombo, del degrado sociale, della deriva umana. È così che, quella sera in cui il riscatto sembrava iniziare per una nazione intera, Monica Ferreri diviene parte anch’essa di un mondo diverso, ma più oscuro, quello dei bambini che, come scrive Polidoro, “semplicemente vengono perduti”. L’intera adolescenza, forse la vita dei suoi amici, quelli che invece “restano” nel mondo convenzionale, cambia per sempre. Monica scompare, senza lasciare nulla di sé se non per la bici, abbandonata in strada, l’unica traccia che, un tempo, lei era lì, prima di essere cancellata dall’esistenza ordinaria del suo mondo. Monica scompare e nessuno ne sa più nulla, ma lascia dietro di sé il ricordo ai sopravvissuti a quella notte, i suoi amici.


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Bruno Jordan, ormai cresciuto, era parte di quel gruppo, i Fantastici Quattro, e ancora oggi ripensa a Monica, al mistero di quell’ultima notte. Ed è forse anche per questo che è diventato un giornalista, a causa di quel mistero violento e terribile, che l’ha spinto a cercare, a ricercare, qualcosa che forse nemmeno lui sa. E la ricerca vera, quella che mette in moto il suo ritorno al passato, inizia per lui quando riceve una lettera da Monica, che doveva essere consegnata decenni prima. Ancora una volta, il lettore è trascinato in un altro mondo, assieme a Bruno questa volta. Il mondo della Verazzano della sua adolescenza, in cui ritorna per indagare sul mistero, è quello del passato che ci aspetta, esattamente dove l’abbiamo lasciato. Perché il passato è una creatura silenziosa ma paziente, che tutto conserva e non butta mai niente, come la madre di Bruno. Proprio per questo, a volte, il passato è una bestia feroce, che sembra dormire, ma che può ancora mordere. Bruno dovrà affrontare questa bestia, perché il suo è un viaggio nel tempo, nelle memorie, che custodiscono forse la chiave di questo mistero.


 

 

 

 


“[…] c’era qualcosa che mi spingeva a continuare. Era la consapevolezza che se non avessi cercato io di capire che cosa era successo a Monica non lo avrebbe mai fatto nessuno. La sua storia sarebbe finita definitivamente sepolta dal tempo e il suo mistero non sarebbe più stato svelato.”

 

Devo dire che ho gradito molto la lettura di questo romanzo, nonostante spesso si rivelino prevedibili agli occhi di chi conosce bene le meccaniche narrative che li caratterizzano. Eppure, come si dovrebbe sapere, non è il plot twist, né lo sono le idee alternative o l’originalità molto spesso a decretare il successo di una narrazione simile (o anche dissimile)… a volte è proprio il modo scelto di raccontarla. Chi ha vissuto quegli anni sarà facilitato all’immersione in questo “cold case”, un caso disseppellito oggi ma radicato negli Anni Ottanta. Tramite piccoli contatti culturali e facenti ormai parte dell’immaginario collettivo, il lettore si troverà catapultato in quel mondo distante eppure vicino, come lo è sempre quello dei ricordi, dei sogni di un tempo perduto. Chi, invece, quegli anni non li ha vissuti, sarà stimolato da un mondo “per sentito dire”, ma anche una dimensione facile da comprendere, perché il passato, anche se può non sembrarlo, è uguale per tutti, al di là del suo collocamento nel tempo. A volte, il complesso narrativo s’inceppa nella trappola delle spiegazioni di troppo e alcune scelte di registro forse non sono azzeccatissime, eppure, come primo thriller da parte dello scrittore, non ci si può proprio trattenere dal definirlo molto ben fatto. La tecnica c’è, il sistema pure, i personaggi pulsano e l’atmosfera è presente se non addirittura protagonista. Una cosa che ho piacevolmente notato è la presenza in background di Massimo, la conoscenza del mestiere – l’indagatore del mistero, chi va a caccia della verità e cerca di andare sempre oltre le apparenze. Questa presenza è anche tecnica, con citazioni che rimandano alla sua attività professionale ben gradite e integrate con l’intero affresco. Il valore del lavoro di ricerca dietro l’opera, in ogni caso, è evidente e la caratterizza, discostandosi da altre opere simili ma sicuramente più superficiali. Parto sempre un po’ prevenuto sui thriller (soprattutto quelli italiani), ma questa volta sono rimasto piacevolmente sorpreso e la lettura è stata scorrevole e appassionante. Se siete rimasti colpiti da “Uomini che odiano le donne”, inoltre, consiglio ancor più la lettura. Questo è un viaggio che vale la pena di fare. Volevo anche accennare che questo libro è stato sorretto da una campagna di lancio del tutto unica, fortemente voluta da Massimo, in cui cento lettori scelti dai partecipanti al suo sito hanno avuto in anteprima la copia del libro. Da qui è poi partita una campagna di tutto rispetto sui social network, che ha accompagnato il libro fino a oggi, il giorno del suo lancio. Ho avuto l’onore di fare parte di questi cento prescelti, la “Squadra di lancio”, e definirei l’operazione brillante e ben congegnata da tutti i partecipanti, Massimo incluso, ovviamente. In un panorama editoriale difficile come quello italiano, dove i processi editoriali sono spesso chiusi e condizionanti, dove tutti scrivono e nessuno legge, è stata una ventata d’aria fresca.

Chiudo invitandovi a rimanere anche voi rapiti da questo caso freddo, reso gelido dalla neve di Verazzano, dove Polidoro ci guida con il suo senso del mistero, attraverso il medium del passato, il suo linguaggio, il suo valore umano e assoluto. E, non dimenticatelo, anche le bestie feroci possono essere accarezzate, se si inizia a comprenderle.


Links: Sito ufficiale Massimo Polidoro Twitter Pinterest

Credits Per la modifica alla copertina: Enrica Michelon Booktrailer: Stefano Beltramo


Ricorda il passato. Ricorda Monica.

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